I risultati pubblicati oggi fanno parte di una survey di Cushman & Wakefield, che ha coinvolto oltre 50 tra i più grandi gruppi d’investimento attivi in Europa e nel settore alberghiero, comprendendo private equity, fondi immobiliari, REIT ed altri investitori istituzionali. Gli investitori coinvolti hanno investito complessivamente oltre €26 miliardi negli ultimi 5 anni (2006-2020) acquistando oltre 660 alberghi con circa 130 mila camere, rappresentando circa un quarto del volume totale degli investimenti alberghieri in Europa.
Dario Leone, Partner e Responsabile del Team Hospitality Italiano di Cushman & Wakefield dichiara:
“In futuro il nostro Paese sarà sempre più appetibile in particolar modo come destinazione leisure, per cui ci si aspetta una ripresa più veloce rispetto ad altre asset class. L’85% degli investitori intervistati, infatti, ritiene che per il 2023 le performance torneranno in linea con i livelli del 2019. Inoltre, la campagna vaccinale contro il COVID-19, insieme alla crescente fiducia dei consumatori, ha fatto riemergere il desiderio di riprendere le vacanze all'estero. Questo accresce l’interesse degli investitori nell’incrementare il proprio portafoglio con strutture alberghiere, dimostrando di essere anche una forte barriera contro l'inflazione.
Nel nostro Paese mi aspetto anche l’avvio del nuovo mercato dei Serviced Apartments che in Italia è ancora agli albori, ma che sta già riscontrando forte interesse.”
Secondo la ricerca di Cushman & Wakefield, si prevede la ripresa delle grandi città, spesso legate al turismo internazionale, ad un ritmo leggermente più lento rispetto a quella delle destinazioni leisure; il 75% degli investitori intervistati prevede una ripresa tra il 2023 e il 2024 e il 21% nel 2025. Questa è una visione più ottimistica rispetto alla ripresa dopo la crisi finanziaria globale nel 2008/2009, per la quale ci vollero circa 5 anni e mezzo per riportare i RevPAR (Revenue per Available Room) delle grandi città europee ai livelli pre-crisi.
Viaggi di lavoro o vacanze?
I resort, i villaggi e le strutture stagionali, sono la tipologia di struttura ricettiva che ha un maggiore interesse da parte degli investitori. Nonostante la complessità del loro funzionamento e la stagionalità spesso marcata, la maggior parte degli intervistati (il 70%) li considera ora più attraenti rispetto a prima della pandemia. È probabile che ciò dipenda da un’aspettativa di ripresa più rapida e dalle prospettive di crescita a lungo termine dei viaggi di piacere.
Anche i “serviced apartments” hanno visto un incremento significativo dell’interesse da parte degli investitori (il 60% degli intervistati), senza dubbio per la loro resilienza durante la pandemia, l'elevata redditività, i contenuti costi di gestione e la loro flessibilità nella fruibilità nel breve e nel lungo periodo.
Contrariamente, gli hotel incentrati sul settore congressuale, conferenze ed eventi (MICE hotels) e quelli ubicati in prossimità di aeroporti, hanno ovviamente riscontrato minore interesse verso la maggior parte degli investitori, dato l'impatto più significativo attribuibile al Covid-19; vale a dire i cambiamenti nelle modalità di lavoro e l'impossibilità di poter ospitare eventi su larga scala nel breve termine [vedi figura 1 sotto].
Alla luce di tali risultanze, Cushman & Wakefield prevede ugualmente un ritorno di viaggi d’affari ed eventi legati al business, poiché la mancanza di interazione personale sperimentata attraverso il lavoro a distanza ha creato la necessità di riunioni strutturate ed eventi organizzati in presenza. Alcuni investitori riconoscono questa esigenza, con il 21% che afferma che il loro desiderio verso operazioni di acquisizione di hotel legati al MICE non è cambiato a causa del Covid-19.
Conclude Dario Leone: “il sondaggio ha rivelato che la maggior parte degli investitori (59%) prenderebbe in considerazione le opportunità d’investimento alberghiere applicando uno sconto sul prezzo pre-covid moderato, pari o inferiore al 15%. Solo il 12% degli investitori cerca opportunità più complesse, con un’elevata componente di rischio, con una riduzione del prezzo di almeno il 25%.”